Verso un nuovo modello italiano di cure domiciliari integrate: la lezione dell’Ocse e il ruolo strategico dell’intelligenza artificiale

Abstract

Ricostruire una infrastruttura di cura territoriale, integrata e comunitaria, governare l’IA con trasparenza e responsabilità pubblica, investire nelle professioni e nella fiducia non sono opzioni: sono atti necessari per difendere l’idea stessa di diritto alla cura

 

 

Autori

Giorgio Banchieri, Segretario Nazionale ASIQUAS, Docente DiSSE, Università “Sapienza”, Roma

Andrea Vannucci, Membro CTS ASIQUAS, Docente DiSSE, Università “Sapienza”, Roma, Università Siena, Membro CD Accademia di Medicina, Genova.

 

 

L’Italia si trova oggi davanti a un passaggio cruciale nella storia del proprio sistema di welfare e sanitario. L’invecchiamento della popolazione e l’esplosione della domanda di assistenza di lungo periodo non rappresentano più un futuro possibile, ma una condizione già presente. Nel 2025, gli over 65 sono il 24,7% della popolazione e diventeranno il 37% nel 2050; la fascia sopra gli 80 anni raggiungerà il 15%, la seconda più alta al mondo. Quasi il 60% delle persone oltre 75 anni dichiara limitazioni funzionali, e più di 4,1 milioni di anziani vivono soli.

Come sottolinea il recente rapporto dell’OCSE (2025) “Verso un’integrazione strutturata e sistemica delle cure domiciliari per non autosufficienti in Italia” l’Italia affronta una sfida tripla e contemporanea: cura, assistenza e tutela. Non è più sufficiente curare le malattie croniche; è necessario sostenere quotidianamente le persone nella vita reale, dentro case, reti familiari e comunitarie.

La domanda di assistenza domiciliare è già oggi superiore alla capacità del sistema pubblico: solo l’11,8% degli anziani con limitazioni ADL accede a servizi pubblici, per gli altri c’è solo l’aiuto della famiglia

 l’ADI eroga mediamente solo 14 ore all’anno per assistito, un dato che da solo racconta il divario strutturale tra bisogni e risposte. Dunque non è più il tempo di se cambiare, ma di come farlo.

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